E’ un metodo terapeutico globale in cui, attraverso la pratica di un’attività ludico-sportiva avente come mezzo il cavallo, l’individuo viene stimolato nel suo complesso motorio, psichico, intellettivo e sociale e ha l’obbiettivo di portare al benessere e alla massima autonomia possibile la persona disabile.
All’aria aperta, in spazi verdi che offrono la sensazione di libertà, il disabile può vivere un’esperienza “normalizzante”di padronanza di sé, di riappropriazione fisica e psicologica del mondo circostante e del proprio posto in tale mondo.
Inoltre l’ambiente del maneggio è vissuto come altamente stimolante, sicuro e protetto e molto lontano nel rassomigliare ad un qualsiasi ambiente medico.
Punto nodale, che differenzia la R.E da qualsiasi altro trattamento riabilitativo, è il rapporto che si crea nell’ambito della terapia, che non è più fra paziente e terapista ma diventa una relazione triangolare in cui il cavallo assume un ruolo fondamentale che potremmo quasi denominare di “co-terapista”.
Il cavallo è una presenza viva e “affettiva”, che stimola intense emozioni, da vitalità e crea soddisfazioni: offre l’aiuto ma senza imporsi, interviene nella relazione ma senza interferire, senza aggredire.
Il contributo più evidente fornito dal cavallo è certo dovuto alla grandissima quantità di stimolazioni neurosensoriali (visive-olfattive-acustiche-tattili), che il cavallo, con la sua particolare andatura, trasmette simultaneamente sia a livello analitico che globale al cavaliere.
Attraverso l’attività con il cavallo, i pazienti imparano a “sentire” il loro corpo e quindi ad acquisire l’esperienza dell’altro corpo, quello nascosto che proviene dalle sensazioni ed esperienze profonde.
E’ dunque attraverso il cavallo , questo animale così grande e potente, allo “shock” di sensazioni ed emozioni che esso suscita, che l’io (spesso sopito) del soggetto disabile, si risveglia, prende maggiore consapevolezza di sé e di ciò che lo circonda.
Il cavallo è una presenza viva e “affettiva”, che stimola intense emozioni, da vitalità e crea soddisfazioni: offre l’aiuto ma senza imporsi, interviene nella relazione ma senza interferire, senza aggredire.
Il contributo più evidente fornito dal cavallo è certo dovuto alla grandissima quantità di stimolazioni neurosensoriali (visive-olfattive-acustiche-tattili), che il cavallo, con la sua particolare andatura, trasmette simultaneamente sia a livello analitico che globale al cavaliere.
Attraverso l’attività con il cavallo, i pazienti imparano a “sentire” il loro corpo e quindi ad acquisire l’esperienza dell’altro corpo, quello nascosto che proviene dalle sensazioni ed esperienze profonde.
E’ dunque attraverso il cavallo , questo animale così grande e potente, allo “shock” di sensazioni ed emozioni che esso suscita, che l’io (spesso sopito) del soggetto disabile, si risveglia, prende maggiore consapevolezza di sé e di ciò che lo circonda.